Eco-ansia e distress legato ai cambiamenti climatici

L’influenza del clima sul benessere degli esseri umani è cosa nota da tempo: lo possiamo osservare nel nostro piccolo quando sperimentiamo vari disturbi durante i cambi di stagione. Ciò avviene poiché, sebbene siamo abituati ad osservare l’ambiente naturale come una sceneggiatura che fa da sfondo alle nostre vite, esso è parte di noi e della nostra vita su questo pianeta. Gli esseri umani, e tutti gli altri esseri non umani e le piante che popolano la Terra, sono influenzati dall’ambiente in cui vivono e di converso hanno un’influenza su di esso, generando in molti casi circoli virtuosi e reazioni che permettono il persistere della vita di alcuni organismi, della loro riproduzione ecc, mantenendo un equilibrio.

L’essere umano, negli ultimi secoli, ha sempre più preso invece il “comando” della natura, convincendosi in vari modi di poterla dominare secondo principi e metodi umani, poco in contatto con i bisogni dell’ambiente e degli altri esseri che, insieme a noi, la abitano.

Questo apparente controllo ha l’esito, oggi, di farci sentire ancora più confusi e impauriti di fronte a ciò che stiamo assistendo circa le conseguenze dei cambiamenti climatici in atto.

L’eco ansia: definizione e caratteristiche

Negli ultimi decenni si è sempre più parlato di “eco ansia”, definita dall’APA (American Psychological Association, 2018) come “la paura cronica del cataclisma ambientale che deriva dall’osservare l’impatto apparentemente irrevocabile del cambiamento climatico e la preoccupazione associata per il proprio futuro e quello delle prossime generazioni”.

Si tratta dunque di un’emozione ecologica legata al timore della perdita di biodiversità e del degrado ambientale. Si tratta di un’emozione che può emergere sia in seguito a un evento climatico estremo, anche traumatico (come le alluvioni a cui abbiamo ripetutamente assistito in Emilia Romagna) sia come conseguenza di un’aumentata consapevolezza in merito a ciò che sta accadendo all’ecosistema.

Vari studiosi hanno descritto l’eco-ansia come un’emozione caratterizzata da un senso di incapacità e impotenza, con un senso di sopraffazione importante, che porta a preoccupazioni sul futuro e a ruminazioni, spesso legate alla percezione di non avere un futuro (Kurth, Pihkala, 2022; Pihkala, 2018; Agoston, Csaba et al, 2022; Cianconi e Janiri, 2023).

L’eco ansia, ad oggi, non viene considerata una patologia, anzi: spesso è stata correlata alla possibilità di messa in campo dei cosiddetti “comportamenti pro-ambientali” ovvero una serie di comportamenti che riducono o minimizzano l’impatto di un individuo sull’ambiente circostante, naturale e non (Kollmuss e Agyeman, 2022), producendo benefici ambientali (Lange e Dewitte, 2019).

D’altro canto è stato osservato come, in alcune persone, la sperimentazione cronica di questa emozione può invece esitare in comportamenti di ritiro, abbassamento del tono dell’umore, isolamento e, in generale, una disattivazione comportamentale. Questo può arrivare ad esitare in “ecoparalisi”, ovvero uno stato di apatia apparente, conseguente alla sperimentazione di alti livelli di eco-ansia, che impedisce di agire in maniera pro-ambientale, a causa della sensazione di non avere risorse sufficienti per fare qualcosa di significativo sull’ambiente (Cianconi e Janiri, 2023).

 

Strategie di gestione: comportamenti individuali e comportamenti collettivi

Se consideriamo l’eco ansia come una qualsiasi altra emozione, possiamo vederla come un messaggero: un mezzo che ci porta un messaggio importante, di cui prendersi cura.

Ascoltarla può portarci ad adottare comportamenti di tutela dell’ambiente molto semplici, che possono restituirci un po’ di potere almeno nel nostro piccolo (come usare la bicicletta o fare la raccolta differenziata), magari coinvolgendo anche la nostra famiglia per un effetto a catena positivo.

D’altro canto, quest’emozione può anche spingerci a cercare vere e proprie comunità di supporto in cui contrastare il senso di solitudine e isolamento che la sperimentazione di eco ansia può portare; è il caso ad esempio dell’attivismo, o dell’adesione a gruppi di tutela dell’ambiente più o meno formali che, oltre all’impatto positivo a livello ambientale, possono aiutare a sviluppare un senso di resilienza collettivo.

 

Quando chiedere un aiuto psicologico?

Se l’eco ansia è molto forte e impatta sulla qualità della tua vita nonché sul tuo funzionamento (sociale, lavorativo o di altre aree importanti) e/o si accompagna a sintomi depressivi (come: abbassamento del tono dell’umore, perdita di interesse/piacere per le principali attività della propria vita, insonnia/ipersonnia, scarso appetito o iperfagia ecc) è importante chiedere un aiuto psicologico per impostare un supporto ed eventualmente un trattamento che possa restituire padronanza e il senso di autoefficacia.

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Gestire l’ansia: proviamoci insieme